Con il termine rissa si fa riferimento ad un contesto di violenza fisica e verbale, in cui più persone si offendono reciprocamente mediante ingiurie, percosse e lesioni.
Il codice penale disciplina la rissa all’articolo 588 prevedendo che:
“Chiunque partecipa ad una rissa è punito con la multa fino a € 309.
Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni.
La stessa pena si applica se la uccisione o la lesione personale avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa”.
La norma in commento non specifica il concetto di rissa, che di conseguenza è stato oggetto di interpretazione da parte di dottrina e giurisprudenza.
Ad oggi, l’opinione più accreditata ritiene che per rissa debba intendersi una contesa violenta con più centri di aggressione e connotata dalla vicendevole volontà dei partecipanti (c.d. corrissanti) di attentare all’incolumità personale dei propri antagonisti.
La giurisprudenza prevalente ritiene che per il verificarsi di una rissa sia necessario uno scontro tra almeno tre persone.
Interessante la pronuncia con cui è stato specificato che il reato di rissa non sussiste né a carico degli aggrediti né a carico degli aggressori qualora uno dei gruppi antagonisti si limiti ad esercitare una difesa passiva.
Gli aggressori, allora risponderanno solo delle eventuali conseguenze della loro azione violenta nei confronti degli altri soggetti.
Avv. Tommaso Barausse