La diffamazione consiste nel riferire ad una pluralità di persone affermazioni negative e offensive sul conto di un determinato soggetto.
Al riguardo, l’articolo 595 del codice penale testualmente recita:
“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente (riferimento all’abrogata norma in materia di ingiuria), comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a € 1.032.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a € 2.065.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a € 516.
Se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.”
La finalità della norma in commento è, evidentemente, quella di tutelare la stima di cui il soggetto gode all’interno del contesto sociale.
Ne consegue che le offese devono essere riferite ad un soggetto di diritto ben individuato, sia questo una persona fisica o una persona giuridica.
In virtù del principio di offensività, deve trattarsi di comunicazioni concretamente lesive dell’altrui reputazione.
Inoltre, è necessario che la condotta diffamatoria venga percepita da più persone, altrimenti la fattispecie in questione non può dirsi integrata.
Sempre con riferimento alla pluralità dei soggetti destinatari, si sottolinea la rilevanza dell’ipotesi aggravata di diffamazione a mezzo stampa.
in tal caso la pena prevista è più elevata in quanto maggiore è la lesione del bene protetto, posto che la diffamazione viene percepita da una quantità di individui indeterminata, potenzialmente elevatissima.
La predetta fattispecie aggravata riguarda anche la diffusione via web di elementi diffamatori, ad esempio tramite testate online, blog o social network.
Sul punto, la Corte di Cassazione è intervenuta specificando che costituiscono altro mezzo di pubblicità ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui al terzo comma della norma in discorso i canti o i discorsi in luogo publico, il lancio di cartellini in posti di assembramento, nonché le circolari dirette a numerose persone (Cass. VI, 15.11.76); si è infine, ritenuta configurabile tale ipotesi aggravata nella diffusione delle espressioni offensive mediante il particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica, con la strumento dell’inoltro a più destinatari (Cass. V, 21.07.2011, n. 29221); anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595, terzo comma c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone (Cass. I, 08.06.2015, n. 24431).
Tanto esposto, occorre precisare che la diffamazione incontra come limite i diritti di cronaca e di critica, quali manifestazioni del diritto costituzionale alla manifestazione del pensiero /art. 21 Cost).
Nel rispetto di determinati parametri, è infatti consentito riportare notizie ed esprimere le proprie idee (anche e soprattutto a mezzo stampa) anche nel caso in cui le stesse presentino un contenuto negativo.
In particolar modo, la satira consente manifestazioni del pensiero ancor più “spinte”, in ragione del tono caricaturale e scherzosamente eccessivo attraverso cui vengono veicolate le informazioni.
Il bilanciamento tra diffamazione e critica/cronaca rappresenta comunque una questione complessa, che richiede lo studio accurato del singolo caso.
Avv. Tommaso Barausse