La frode c.d informatica rappresenta una ipotesi speciale di truffa in ragione delle peculiari modalità mediante le quali la stessa viene effettuata.
L’articolo 640 ter del codice penale prevede che :
“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall’articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7″.
La citata disposizione mira a contrastare le frodi perpetrate mediante l’utilizzo di sistemi informatici o telematici.
Tra le ipotesi più frequenti, si annoverano i prelievi indebiti presso gli sportelli Bancomat tramite carta falsificata.
Particolare rilevanza assume poi il fenomeno del phishing, che consiste nel carpire fraudolentemente le altrui credenziali di accesso ai servizi bancari online, in modo tale da poter disporre delle somme di denaro dei soggetti passivi con corrispondente danno in capo agli stessi.
Di interesse la pronuncia giurisprudenziale secondo cui la copia di più pagine HTML da un sito web non integra di per sé né il reato di cui all’articolo 615 ter c.p. né quello di cui all’articolo 640 ter c.p., ma, qualora ne ricorrano gli estremi, violazione della legge 633/1941 sul diritto d’autore (Trib. Milano, III, 19.03.2007).
Avv. Tommaso Barausse