Nella sistematica del codice penale l’articolo 610, rubricato come “Violenza privata”, rappresenta una norma di chiusura, di carattere residuale/sussidiario, volta a sanzionare tutte le condotte lesive della libertà morale dell’individuo che non risultino già incriminate ai sensi delle altre norme penali in materia.
Il testo è il seguente.
“Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339″.
Vengono quindi sanzionate in via generale tutte le condotte costrittive – attuate mediante violenza o minaccia – ai danni di una persona.
Nella casistica relativa alla fattispecie di reato in commento si annovera l’ipotesi di parcheggio di un’autovettura eseguito intenzionalmente in modo tale da impedire a un’altra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via, eventualmente accompagnata dal rifiuto reiterato alle richieste della parte offesa di liberare l’accesso (Cass. V, 22.06.2006, n. 21779).
Integra il reato in oggetto anche la condotta di un imprenditore che costringa alcuni lavoratori dipendenti ad accettare una novazione del rapporto di lavoro comportante un loro “demansionamento” mediante minaccia di destinarli, altrimenti, a forzata e umiliante inerzia in ambiente fatiscente ed emarginato dal resto del contesto aziendale, nella prospettiva di un susseguente licenziamento (Cass. VI, 21.09.2006, n. 31413).
Si precisa che la costrizione deve essere ingiusta, ovvero non consentita dall’ordinamento.
In secondo luogo, come già sottolineato dalla Corte di Cassazione, la condotta deve essere concretamente ed effettivamente idonea ad incidere sulla libertà di autodeterminazione del soggetto passivo, altrimenti il delitto in esame non può dirsi integrato.
Avv. Tommaso Barausse