News

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

  1. Home
  2. Approfondimenti
  3. Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

Il codice penale sanziona il “farsi giustizia da sé”, ancorché si risulti effettivamente titolari del diritto che si vuol far valere/tutelare.

Le norme di riferimento sono: l’articolo 392 c.p., rubricato come “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose” in base al quale:

“Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito a querela della persona offesa con la multa fino a € 516.

Agli effetti della legge penale, si ha “violenza sulle cose” allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.

Si ha altresì violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico”.

La seconda norma, articolo 393 c.p., “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone”, dispone testualmente che:

“Chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell’offeso, con la reclusione fino a un anno.

Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a € 206.

La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi”.

Si tratta di disposizioni poste a presidio della corretta amministrazione della giustizia, quale potere fondamentale ed irrinunciabile, che può essere esercitato solo ed esclusivamente dall’autorità giudiziaria competente, onde evitare azioni arbitrarie da parte dei singoli – attuate mediante violenza o minaccia – con la finalità di affermare i propri (presunti) diritti.

A livello di casistica, integra il reato di cui all’articolo 392 c.p. l’ipotesi di recinzione di un fondo, in modo da impedire il passaggio da altri in precedenza esercitato, implicando tale condotta una violenza sulla cosa, consistente nel mutamento di destinazione del bene che ne impedisce l’originaria utilizzazione ( Cass. VI, 18.04.2001, n. 15972; Cass. VI; 27.11.2012).

Circa i rapporti tra la fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e il (più grave) reato di estorsione, la Cassazione ha precisato che “il delitto di estorsione si caratterizza rispetto a quello di cui all’articolo 393 c.p. per il fatto che la violenza o la minaccia solo nel secondo caso sono esercitate per far valere un diritto già esistente e azionabile dinanzi a un giudice. Qualora invece, l’azione costrittiva sia finalizzata a far sorgere una posizione giuridica che altrimenti non potrebbe essere tutelata né conseguita attraverso il ricorso al giudice, e a questa consegua un ingiusto vantaggio patrimoniale, è configurabile il reato di estorsione (Cass. 18.06.2009, n. 25613).

La giurisprudenza ha altresì specificato che ai fini dell’integrazione dei reati in argomento non è necessario che la pretesa del soggetto agente sia fondata, essendo sufficiente che da parte di costui vi sia la ragionevole opinione/convinzione circa la sussistenza del diritto da far valere.

Avv. Tommaso Barausse