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Intemediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Il caporalato

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Le pratiche di sfruttamento talvolta ricorrenti nell’ambito delle aziende agricole sono state di recente portate all’attenzione dell’opinione pubblica grazie ad alcune inchieste mediatiche.
Trattasi del caporalato, ovvero quel fenomeno consistente nello sfruttare la manodopera ai danni di persone che, non potendo fare altrimenti, si trovano costrette a prestare la propria attività lavorativa in condizioni disumane e in cambio di un salario irrisorio.

Sul piano penale, la disposizione di riferimento è l’articolo 603 bis del codice penale, rubricato come “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” ai sensi della quale:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze:

la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale;
la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:

il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.
La fattispecie in esame può trovare applicazione in qualsiasi ambito lavorativo, ricorrendone tutti gli elementi costitutivi.

Avv. Tommaso Barausse