Ledere l’altrui incolumità fisica o psichica è reato.
L’articolo 582 del codice penale stabilisce che:
“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se una malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non occorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa”.
La citata norma è posta a tutela dell’incolumità individuale e richiede il verificarsi di una malattia nel corpo o nella mente affinché il reato in oggetto possa dirsi integrato.
Il codice penale provvede altresì a classificare la gravità delle lesioni, facendo riferimento agli effetti causati dalle medesime.
La norma di riferimento è l’articolo 583 c.p., rubricato come “circostanze aggravanti”, ai sensi della quale:
“La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:
se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai quaranta giorni;
se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.
La lesione personale è gravissima, e si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
una malattia certamente o probabilmente insanabile;
la perdita di un senso;
la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’atto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità a procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso”.
Per converso, nell’ipotesi in cui si eserciti violenza fisica ai danni di qualcuno, senza provocargli una malattia nel corpo o nella mente, ricorre l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 581 del codice penale, rubricata come “Percosse”.
Ai sensi del primo comma della suddetta norma,
“Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi e con la multa fino a € 309”.
Si fa quindi riferimento ad azioni violente che provochino nel soggetto passivo la sola sensazione fisica di dolore, senza alcuna conseguenza di natura traumatica/patologica.
Questione problematica nell’applicazione in concreto della normativa in oggetto è la distinzione tra tra tentativo di percosse e tentativo di lesioni.
Il reato di percosse non risulta integrato laddove la condotta tipica venga posta in essere nell’esercizio dello Ius Corrigendi (attività di correzione e disciplina), il cui abuso viene comunque sanzionato ai sensi dell’articolo 571 del codice penale.
Avv. Tommaso Barausse