La legge n° 69 del 19.07.2019 (cd Codice Rosso) ha introdotto nel nostro codice penale l’articolo 558 bis, che disciplina la fattispecie rubricata come “Costrizione o induzione al matrimonio”.
I matrimoni forzati sono pertanto divenuti reato procedibile d’ufficio, essendo prevista l’incriminazione di colui che costringa o, a date condizioni, induca taluno a contrarre matrimonio o unione civile.
La norma dispone testualmente che:
“Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto.
La pena è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia”.
Trattasi di una previsione che tutela la libertà personale dell’individuo, al quale dev’essere garantito il diritto di poter scegliere senza vincoli la persona con cui contrarre matrimonio o unione civile.
Sono previste due ipotesi di aumento di pena, ricorrenti nel caso in cui le condotte di costrizione e induzione siano poste in essere in danno a persona infradiciottenne ovvero infraquattordincenne.
Avv. Tommaso Barausse