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Omissione di soccorso e connivenza

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Se ci si imbatte in una persona bisognosa di aiuto potrebbe essere necessario fermarsi, prestarle soccorso e avvisare l’Autorità competente.

In caso contrario, si rischierebbe di incorrere nella fattispecie penale di cui all’articolo 593 c., rubricata, per l’appunto “Omissione di soccorso”.

La citata norma prevede che:

“Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne avviso all’Autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a duemilacinquecento euro.

Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità.

Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata, se ne deriva la morte la pena è raddoppiata”.

L’oggetto di tutela è l’incolumità dell’individuo.

Viene difatti imposto ai consociati il dovere di intervenire a favore di chiunque presenti la necessità di essere soccorso, alla luce del dovere di solidarietà sociale scolpito all’articolo 2 della Costituzione.

Si precisa che il predetto dovere di intervento incombe esclusivamente in capo a colui che si trovi nelle condizioni di percepire direttamente la persona da soccorrere.

Per converso, non è tenuto ad intervenire chi viene informato circa la situazione di pericolo, senza averne diretta percezione.

Secondo l’orientamento più recente della Cassazione, infatti, il termine “trovare” va interpretato in senso restrittivo, dovendosi lo stesso intendere nel senso di imbattersi, venire in presenza di, attraverso un contatto materiale diretto degli organi sensoriali con l’oggetto del ritrovamento. (Cass. V, 24.05.2002, n. 20480).

L’ipotesi appena citata presenta un punto di contatto con l’istituto della connivenza, anch’esso avente ad oggetto una condotta di inerzia e rilevante in materia di concorso di persone nel reato.

Il nostro ordinamento giuridico non prevede un generale obbligo di intervento finalizzato alla repressione di un fatto di reato in corso.

E’ irrilevante il non impedire il reato ove non si abbia l’obbligo giuridico di impedirlo.

Si è peraltro affermato che anche la semplice presenza sul luogo dell’esecuzione del reato, purché non meramente causale, è sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, qualora sia servita a fornire all’autore del reato maggiore senso di sicurezza, rivelando chiara adesione alla condotta delittuosa (Cass. VI, 26.06.2009, n. 26542).

In conclusione, l’omissione di soccorso nell’ambito del Codice della Strada.

Al riguardo, l’articolo 189 prevede due ipotesi di reato autonome: la fuga (commi 1 e 6) e l’omissione di assistenza (commi 1 e 7).

In tali ipotesi il soggetto attivo è il conducente del veicolo che abbia provocato un sinistro con conseguente danno alla persona.

Interessante la pronuncia giurisprudenziale secondo cui dalla qualificazione dei due reati come delitti discende la punibilità a solo titolo di dolo, sicché ogni inosservanza del precetto descritto nei commi 1, 6 e 7 dell’articolo 189 deve essere riconosciuta e voluta, diventando penalmente irrilevante allorché sia effetto di negligenza, imperizia, inosservanza di norme o addirittura di mancata percezione o di mancata conoscenza della situazione di fatto che è alla base dell’obbligo (Cass. IV, 30.01.2001, n. 20151).

Avv. Tommaso Barausse