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Rapina

Nell’ambito dei reati contro il patrimonio, la rapina rappresenta senz’altro una delle fattispecie più rilevanti, sia per la frequenza con cui la medesima si verifica, sia per la particolare offensività che la caratterizza.

La norma di riferimento è l’articolo è l’articolo 628 del codice penale, che testualmente recita:

“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da € 516 a € 2.065.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da € 1.032 a € 3.098:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416 bis;

3 bis: se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis;

3 ter: se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;

3 quater: se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi all’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3, 3 bis, 3 ter, e 3 quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”.

La disposizione in oggetto contempla due tipologie di rapina: rapina propria e rapina impropria.

La prima consiste nell’impossessamento della cosa altrui mediante violenza o minaccia nei confronti del soggetto passivo.

La seconda concerne l’ipotesi in cui il soggetto agente eserciti la minaccia o la violenza dopo aver sottratto il bene mobile, con la finalità di assicurarsi il possesso del medesimo, ovvero di procurarsi l’impunità.

La cassazione ha ammesso la configurabilità del tentativo anche con riferimento all’ipotesi in cui il soggetto usi minaccia o violenza dopo aver tentato, senza riuscirvi, di sottrarre la cosa altrui.

E’ stato infatti statuito che “è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei all’impossessamento della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità”.

Avv. Tommaso Barausse