La legge 19.07.2019 n° 69 ha introdotto nel codice penale l’articolo 612 ter, rubricato come “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.
Con l’introduzione del predetto articolo viene pertanto qualificato come reato il fenomeno generalmente conosciuto come “revenge porn”, che consiste nella diffusione di immagini e/o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone ivi immortalate.
Si segnala l’aumento di pena previsto per l’ipotesi in cui i predetti contenuti vengano diffusi via internet, stante l’elevatissimo numero di utenti della rete e la possibilità per i medesimi di condividere nell’immediatezza tutto quanto visionato.
La citata norma dispone testualmente che:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede o pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. la remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso ad altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
Avv. Tommaso Barausse